L’ampio ricorso alla tecnologia sta modificando le nostre abitudini e, in esse, anche le nostre capacità di concentrazione
D’altronde, per averne piena consapevolezza è sufficiente verificare in che modo utilizziamo lo smartphone: siamo sempre più portati a scorrere in maniera rapida e superficiale le news di Facebook e degli altri social network, senza renderci conto del tempo che passa e senza nemmeno renderci conto, a distanza di pochi secondi, di ciò che abbiamo effettivamente scorto.
Certo, questo non significa che l’utilizzo dello smartphone– anzi – debba essere in qualche modo demonizzato, o che sia foriero di soli aspetti negativi. Tuttavia, appare evidente che la presenza diffusa e persistente di uno strumento tecnologico come questo sia in grado di facilitare dei comportamenti, e renderne più difficili altri. Si tratta dunque di un mezzo che, potenzialmente neutrale, viene spesso utilizzato in modo passivo, con un cambiamento sempre più intenso e sempre più radicato nella società.
Effettivamente, sostiene ben più di qualche studioso, uno dei problemi principali della tecnologia odierna è che è appositamente programmata e organizzata per poter sfruttare le nostre debolezze. Dunque, siamo sempre più attirati dalla possibilità di ottenere delle piccole gratificazioni dai like che otteniamo da ciò che abbiamo postato, o magari dalle vincite che possiamo ottenere mediante gli operatori più noti in ambito di intrattenimento online attraverso le scommesse sportive (clicca qui per visitare il sito comparatore di scommesse Indiabookies). Tutte queste piccole gratificazioni creano, peraltro, una evidente dipendenza. Stimolano infatti l’amigdala, una specifica regione del nostro cervello che è sottostante a diversi processi psicologici e neurologici.
Di qui, il rischio di un comportamento compulsivo, sempre più rapido, sempre più di frequente e spasmodico utilizzo del mezzo tecnologico. Secondo i risultati di una ricerca di Microsoft, del 2015, la soglia della nostra capacità di concentrazione si sarebbe abbassata vertiginosamente nel corso degli anni proprio a causa della facile diffusione dei mezzi tecnologici, fino ad arrivare a soli 8 secondi. Ovvero, un po’ meno della memoria che viene di norma accreditata a un comune pesce rosso.
Certo, con questo non vogliamo sicuramente affermare che le nostre capacità intellettive si siano così fortemente erose, ma è evidente che se dieci anni fa la nostra soglia di attenzione era di tre minuti, oggi i pochi secondi che utilizziamo per scegliere se cambiare o meno attività ci sembrano davvero poca cosa. Questo comportamento, infine, determina alcune alterazioni significative nei meccanismi del nostro cervello, trasformandoci in individui più superficiali, meno capacità di approfondire e di argomentare, di collegare argomenti, di scegliere ciò che è realmente rilevante e ciò che invece non lo è. Una conseguenza che si pone nel piatto della bilancia più negativo della sfera tecnologica e dei suoi rapporti con i consumatori, alla ricerca di un costante equilibrio con quello più positivo.